L’immagine della sanguisuga o del serpentaccio non danno il giusto merito alla bontà e alla dolcezza di questo dolce dalla caratteristica sfoglia arrotolata, oggi famoso in tutto il mondo, ma così è. Per il ripieno la ricetta di Artusi prevede ingredienti non molto diversi da quelli proposti dai moderni ricettari di cucina (il che, come vedremo, non vuol dire però che questa sia l’unica ricetta dello strudel, né che sia quella originaria):
- Mele reinettes, o mele tenere di buona qualità, grammi 500.
- Farina, grammi 250.
- Burro, grammi 100.
- Uva di Corinto, grammi 85.
- Zucchero in polvere, grammi 85.
- Raschiatura di un limone.
- Cannella in polvere due o tre prese.
Le variazioni principali riguardano sia il ripieno sia la pasta utilizzata per il rotolo: nei ripieni di frutta le mele vengono spesso sostituite da pere, albicocche e frutti di bosco, talvolta con l’aggiunta di noci, miele e cioccolato; nell’impasto si alternano tre diversi tipi di pasta: la cosiddetta «pasta matta» (o «pasta da strudel»), che prevede l’uso di farina, acqua e olio extravergine d’oliva, la pasta frolla e la pasta sfoglia.
Non mancano inoltre versioni salate dello strudel, che può essere ripieno di ricotta e spinaci, magari conditi col sugo d’arrosto, oppure di patate e pane rosolato, di carni cotte e prosciutto o salsiccia, di funghi pancetta e panna acida, di cervella, di cardi, di miglio o grano saraceno, di zucca e semi di papavero, di pollo e cetriolini e così via.
Lo strudel prima dello strudel
L’immagine dello strudel come dolce tradizionale austriaco (e aree limitrofe) non deve far pensare che non vi siano specialità simili in altre parti del mondo: dolci affini si trovano in Ungheria (beigli e rètes) e in Turchia (baklava).
D’altra parte, sebbene la prima testimonianza del ted. Strudel con valore gastronomico non vada oltre il XVII secolo, c’è ragione di credere che in passato siano esistiti prodotti preparati in modo analogo.
Esiste insomma una storia prima dello strudel, un passato che precede il nome del dolce. Per scoprirlo non resta che avventurarsi nei meandri della storia, consapevoli di quanto sia impervia la strada in cui la ricerca linguistica abbandona l’onomasiologia, lo studio delle parole, per la semasiologia, l’analisi dei significati.
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